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Fondo patrimoniale – azione di simulazione dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale – insussistenza dei presupposti – azione revocatoria ex art. 2901 c.c. – sussistenza dei presupposti

  • Pubblicato il:  13 giugno 2016
  • Categoria:   Sentenze
Sentenza Tribunale di Monza, Terza Sezione Civile, Dott.ssa Alida Paluchowski, 10.11.2014 n. 3249/2013 (Banca soc. coop. con gli Avvocati Carla Dehò e Barbara Masserelli c/ SV e SC con l’Avv. …)
Sentenza Tribunale di Monza, Terza Sezione Civile, Dott. Nardecchia, 3.11.2014 n. 2935/2014 (Banca soc. coop. con gli Avvocati Carla Dehò e Barbara Masserelli c/ R. e V. con l’Avv. …)

Con le due interessanti sentenze in commento il Tribunale di Monza ha effettuato una lucida comparazione dei presupposti necessari per aversi una pronuncia di nullità di un fondo patrimoniale o di una alienazione di beni per simulazione assoluta rispetto ad una pronuncia di revoca del fondo patrimoniale o della alienazione di beni per lesione dei diritti dei creditori.

Il Tribunale nella prima pronuncia ha rilevato che:

  • per aversi la simulazione ex art. 1415 e 1416 c.c. di un negozio giuridico quale un fondo patrimoniale con conseguente nullità del negozio stesso, è necessario provare che entrambe le parti non intendessero creare un vincolo sui beni in favore della famiglia ma solo creare un finto ostacolo al fine di sottrarre i beni alla esecuzione dei creditori, non volendo in realtà porre in essere alcun negozio giuridico.

Tale azione non è accoglibile laddove, come nel caso di costituzione del fondo patrimoniale, le parti abbiano chiaramente voluto creare un vincolo sui beni conferiti nel fondo, che fosse impermeabile alle iniziative esecutive dei creditori, rendendoli vassalli ai ristretti bisogni della famiglia e quindi esecutabili solo in relazione ad essi.

  • per aversi invece la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. del fondo patrimoniale costituito devono ricorrere specifici requisiti che, se sussistenti e provati, anche per presunzioni, portano all’accoglimento dell’azione revocatoria.

I requisiti sono i seguenti:

  1. L’atto di disposizione del patrimonio (eventus damni) deve avere diminuito il patrimonio personale disponibile per l’aggressione da parte dei creditori e deve essere stato eseguito nei 5 anni precedenti l’introduzione del giudizio di revocatoria;
  2. Deve esserci l’elemento soggettivo in capo al disponente (scientia damni) che, quando trascrive l’atto di disposizione, deve essere perfettamente in grado di comprendere che l’atto renda più difficile la soddisfazione dei suoi creditori (prova raggiungibile anche da una valutazione dei dati di bilancio del soggetto garantito) e ciò a prescindere dalla specifica conoscenza del credito (conf. Cass. 2792/2002, 11916/2001, n. 7262/2000)
  3. Deve sussistere la scientia fraudis dei beneficiari che conoscano la situazione debitoria del disponente (da provarsi anche per mere presunzioni in base anche al rapporto familiare stretto), abbiano un accrescimento del proprio patrimonio pagare alcun corrispettivo, e non vi sia alcuna esigenza effettiva di costituzione del fondo;
  4. Deve poi realizzarsi damnum che si manifesta non soltanto quando il patrimonio viene irrimediabilmente depauperato e spogliato, ma anche solo quando vi è una maggiore difficoltà nel soddisfarsi sui beni del proprio debitore.

Detti concetti sono stati richiamati anche nella seconda pronuncia in commento, nella quale il Tribunale ha ritenuto sussistenti i requisiti per l’esercizio dell’azione revocatoria, diretta a travolgere l’efficacia di atti successivi all’insorgere del credito, anche se il credito è anche solo eventuale e anche se non vi era prova della gratuità della vendita in favore della convivente more uxorio e madre.

Nella sentenza si legge infatti (concetto già richiamato nella pronuncia di cui sopra) che il requisito della anteriorità, rispetto all’atto impugnato, del credito a tutela del quale l’azione revocatoria viene esperita, deve essere riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento giudiziale. E’ invece necessario che il debitore abbia la consapevolezza, con l’atto dispositivo, di arrecare un pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni) a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tale tutela viene esperita l’azione e senza che assuma rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (anumus nocendi), essendo infatti necessaria la presenza dell’eventus damni, ovverosia l’atto dispositivo che renda più difficile il recupero del credito.

Le vicende traggono spunto da un’azione di recupero crediti intrapresa da un Istituto di Credito nei confronti di fideiussori di società debitrici principali dichiarate fallite.

Nel primo caso vi era la costituzione di un fondo patrimoniale, costituito due anni prima la domanda di ingiunzione, ma trascritto un anno dopo l’ingiunzione, nel quale il debitore aveva fatto confluire un appartamento.

Riteneva la banca che il fondo fosse nullo in quanto simulato o comunque in subordine revocabile sulla base della data del matrimonio del fideiussore (oltre 20 anni prima della costituzione del fondo), l’assenza di un qualche bisogno familiare cui fare fronte con il fondo e sulla scorta della cronologia tra assunzione del debito quale garante, azione di recupero, fallimento del debitore principale e trascrizione del fondo.

Di contro la difesa del fideiussore aveva ritenuto del tutto slegata la costituzione del fondo, costituito solo avere ricevuto beni in eredità, con il rischio economico, posto che lo stesso sarebbe emerso solo dopo la costituzione del fondo stesso.

Nel secondo caso il debitore aveva alienato un appartamenti in favore della convivente more uxorio e madre dei suoi figli dopo il sorgere del debito, nella consapevolezza di rendere più difficoltoso per il creditore l’esercizio della azione esecutiva, pur rimanendo a vivere in detti abitazione per oltre un anno dopo il trasferimento.

Accogliendo le tesi della Banca creditrice il Tribunale di Monza ha accolto la domanda di revocatoria, quale azione di garanzia generica delle ragioni creditizie, anche a tutela di una legittima aspettativa del credito (Cass. 5.3.2008, n. 5359). Il Tribunale ha infatti stabilito che l’obbligazione fideiussoria insorge con il sorgere del debito principale, il Tribunale di Monza, in aderenza a quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione con pronuncia 7.10.2008, n. 24757 e che gli altri requisiti fossero provati sia per presunzioni (come la scientia fraudis, data dal mero rapporto familiare stretto da disponente e beneficiari, o la conoscenza dell’insolvenza, conosciuta o conoscibile anche solo dai bilanci sociali) o per elementi di prova generali e documentali (come la gratuità dell’atto dispositivo, la inevitabile conoscenza della lesione dei creditori a fronte dell’atto dispositivo, data anche la cronologia dei fatti e il damnum conseguente, attuale o anche solo potenziale).