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Equo compenso – Rapporto Cliente e Avvocato - Il nuovo art. 25-bis Codice Deontologico Forense (L. 21 Aprile 2023, n.49)

  • Pubblicato il:  11 marzo 2024
  • Categoria:   Articoli

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha approvato definitivamente il nuovo art. 25-bis del Codice Deontologico forense in materia di equo compenso, che recita: “L’avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.

Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.

La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.”

L’adeguamento del codice deontologico è stato reso necessario al fine di assicurare effettività alle nuove norme di fonte statale in materia di equo compenso. In specie, l’art. 5, comma 5 della legge del 21 aprile 2023, n. 49 dispone: “Gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché a sanzionare la violazione dell'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge”.

Gli illeciti deontologici, come indicato chiaramente nella relazione di accompagnamento del CNF, sono quindi già prefigurati dal legislatore e si sostanziano:

  • Nella pattuizione e/o accettazione di compensi iniqui, in violazione dei parametri vigenti;
  • Nella violazione, quando le condizioni contrattuali sono disposte dal solo Avvocato, dell’obbligo di avvertire il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia di equo compenso.

Sempre come indicato nella relazione di accompagnamento del CNF i due illeciti hanno una lesività differente, pertanto, le sanzioni stabilite nel nuovo art.25-bis Codice Deontologico sono l’avvertimento nel caso di violazione dell’obbligo di comunicazione e la sanzione più grave della censura nel caso di violazione sostanziale della normativa sull’equo compenso (accettazione di compensi inferiori ai parametri forensi).

La norma, quindi, è volta a garantire agli Avvocati una giusta retribuzione adeguata all’attività prestata, sanzionando sotto un profilo disciplinare la violazione del divieto di compensi ingiusti. Gli Avvocati non possono per cui concordare con il proprio Assistito o prevedere un compenso che non sia giusto e proporzionato al servizio richiesto, e che non sia conforme ai parametri forensi attuali. In caso di stipula di un accordo con il cliente, l’avvocato è tenuto sempre ad informarlo per iscritto che il compenso deve rispettare i criteri stabiliti dalla legge, pena nullità dell’accordo.

Quando un compenso può essere definito equo?

Per considerare un compenso equo sono previsti due criteri fondamentali:

  • Il compenso deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato;
  • Il compenso deve essere in linea con i compensi previsti dai parametri stabiliti dalle norme vigenti.

Proprio con riferimento a questi due criteri, la legge n. 49/2023, che ha reso necessario l’adeguamento del Codice Deontologico, ha introdotto la nullità di tutte le clausole contrattuali “vessatorie” che non rispettano tale principio, che riguardano sia compensi inferiori a parametri stabiliti, ma anche situazioni sintomatiche di uno squilibrio tra il professionista e un cliente, come una grande impresa.

A chi spetta la rideterminazione di compensi iniqui?

La disposizione normativa conferisce al Giudice il compito di rideterminare eventuali compensi iniqui, garantendo una risoluzione equa delle controversie in materia di retribuzione professionale.

La legge disciplina, altresì, la decorrenza dei termini di prescrizione per il diritto al compenso e per l’azione di responsabilità professionale, con l’obiettivo di chiarire e stabilire una tempistica definita per la risoluzione delle controversie. Al professionista viene pertanto garantito il diritto di impugnare davanti al Tribunale competente accordi o convenzioni che prevedono compensi non equi, al fine di far valere la nullità della clausola e chiedere una rideterminazione giudiziale del compenso.

La legge n. 49/2023 ha anche operato una semplificazione della procedura di recupero del compenso, che ora può avvenire attraverso un parere di congruità emesso dall’Ordine professionale di appartenenza.