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Contratto a tutele crescenti e sgravi sulle assunzioni
- Pubblicato il: 31 gennaio 2015
- Categoria: Circolari
A seguito dell’entrata in vigore della L. 183 del 10.12.14 (Jobs Act), il 24 dicembre 2014 è stato presentato dal Governo lo schema di decreto legislativo, attuativo della predetta legge, centrato sulle modifiche ai licenziamenti, sia individuali che collettivi con l’individuazione delle tutele crescenti del nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Tale decreto attuativo è stato però modificato in data 12.1.15 e attualmente lo schema di decreto è quello qui allegato. Tra le modifiche: sparisce l’istituzione del “Contratto di ricollocazione” (che verrà inserito nel decreto sugli ammortizzatori sociali) e vengono evidenziate le cifre che lo Stato metterà a disposizione per compensare le minori entrate derivanti dal fatto che le somme erogate durante la conciliazione facoltativa, predisposta dall’articolo 6, non sono imponibili ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non sono assoggettate a contribuzione previdenziale.
Attualmente lo schema di decreto è al vaglio delle commissioni parlamentari e poi dovrà essere definitivamente emanato e promulgato sulla Gazzetta Ufficiale.
I punti salienti delle novità che verranno introdotte, salvo modifiche in sede di promulgazione della legge, sono le seguenti:
1) ambito applicazione nuova legge: lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e ai dipendenti di partiti e sindacati, esclusi in precedenza dalle tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori;
2) tutela nei casi di licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale (articolo 2 del decreto): il giudice ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore e il pagamento di un’indennità equivalente all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento fino alla data del reintegro, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative durante il periodo di estromissione. L’indennizzo non può essere inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto. Tuttavia, se il dipendente entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro, non riprende l’attività lavorativa , il rapporto si intende definitivamente risolto. Spetta inoltre al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Le stesse disposizioni si applicano ai licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223) intimati senza l’osservanza della forma scritta. Fatta salva possibilità per il lavoratore, oltre al risarcimento del danno, di chiedere l’indennità sostitutiva della reintegra;
3) tutela nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, giustificato motivo soggettivo e giusta causa (articolo 3 del decreto): se viene accertata la mancanza dei presupposti, il giudice decreta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data di licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità equivalente a 2 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio che deve essere compresa tra 4 e 24 mensilità, oltre a non essere soggetta a contribuzione previdenziale. Ciò vale anche per i licenziamenti collettivi intimati in violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12 o dei criteri di scelta di cui all’articolo 5, comma 1, della Legge n. 233 del 1991;
4) tutela specifica nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (art. 3 comma 2 del decreto): se viene dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale addebitato al lavoratore, il giudice annulla il licenziamento ordinando il reintegro del lavoratore oltre che il pagamento di un’indennità a titolo di risarcimento, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative e maggiorata di quanto lo stesso avrebbe potuto percepire se avesse accettato una congrua offerta di lavoro. Ad ogni modo, l’indennità non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è obbligato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Anche in questo caso, il dipendente può chiedere, in alternativa al reintegro, l’indennità di cui sopra (articolo 2, comma 3 del decreto);
5) tutela in caso di licenziamento intimato in violazione del requisito di motivazione ex articolo 2, comma 2, Legge n. 604/1966 e articolo 7 Legge n. 300/1970 (art. 4 del decreto): il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio che non può essere inferiore a 2 mensilità e non superiore a 12, salvo una diversa previsione del giudice, il quale ha facoltà di prevedere l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del decreto (ndr: quelle di cui ai punti 2, 3 e 4 che precedono);
6) revoca del recesso (art. 5 del decreto): il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione di impugnazione dello stesso e il rapporto di lavoro si considera ripristinato senza soluzione di continuità e senza alcun diritto alle indennità risarcitorie previste dalla legge;
7) tentativo di conciliazione (art. 6 del decreto): il datore di lavoro, entro il termine di impugnativa stragiudiziale del licenziamento, per evitare il giudizio può offrire al dipendente una somma risarcitoria, non rientrante nei redditi assoggettati a IRPEF e non soggetta a contribuzione previdenziale, equivalente ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale, moltiplicata per ogni anno di servizio, da corrispondere mediante assegno circolare; in ogni caso, non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità. Il lavoratore che accetta l’assegno, rinuncia ad impugnare il licenziamento;
8) Computo della anzianità negli appalti (art. 7 decreto): l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante in un appalto, si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata;
9) Calcolo delle indennità per frazioni di anno (art. 8 del decreto): ai fini del calcolo delle indennità e dell’importo da corrispondere al lavoratore, gli anni di anzianità all’interno dell’azienda si contano considerando le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni equivalenti ad un intero mese;
10) Rito: abolito il Rito Fornero per i licenziamenti relativi agli assunti sotto la vigenza del Jobs act.
In merito alla decorrenza dell’applicazione del decreto, quest’ultimo prevede espressamente all’art. 1 “campo di applicazione” che il decreto si applica a coloro che vengono assunti a tempo indeterminato dalla data di entrata in vigore del decreto stesso (ancora non avvenuta) e all’art. 12 “entrata in vigore” che il decreto entra in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e tale pubblicazione non è ancora avvenuta.
Ciò significa che finchè non vi sarà la definitiva approvazione del decreto e la successiva pubblicazione, tutte le assunzioni a tempo indeterminato medio tempore effettuate rimarranno sottoposte alla previgente disciplina di cui all’art. 18 SL.
Diverso il discorso per quanto riguarda gli sgravi contributivi che sono disciplinati da un'altra norma, in particolare art. 1, commi da 118 a 124, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd “Legge di stabilità 2015” già in vigore).
Con esclusione del settore agricolo, a cui si applicano disposizioni particolari, per i datori di lavoro privati è previsto, in riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, esclusi i contratti di apprendistato e di lavoro domestico, decorrenti come detto dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015, in riferimento alla data di stipula dei contratti, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail, nel limite massimo pari a € 8.060,00.
Per poter beneficiare della riduzione, i lavoratori non devono essere stati impiegati nei sei mesi precedenti con contratto a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro e l’esonero non spetta “con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio sia già stato usufruito” in una precedente assunzione a tempo indeterminato.
Tale esonero non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni. Inoltre, non spetta in caso di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro hanno comunque in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di Stabilità (1° gennaio 2015), anche in società controllate o collegate.
Nel settore agricolo, sono esclusi i lavoratori che nel 2014 siano stati occupati a tempo indeterminato o a termine iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate non inferiore a 250 con riferimento all’anno solare 2014.
In merito ai predetti sgravi, proprio oggi è stata pubblicata dall’Inps la circolare qui allegata con le varie modalità operative.
Vista la normativa e le incertezze tuttora esistenti anche sulla natura del beneficio, in attesa di nuove interpretazioni e delucidazioni dagli istituti competenti, suggeriamo di far sottoscrivere ai lavoratori assunti a tempo indeterminato una dichiarazione di responsabilità in merito alla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per beneficiare dello sgravio. Siamo a disposizione per redigere il modello di detta lettera.
Importante: teniamo a precisare che le assunzioni a tempo indeterminato fatte dall’1.1.15 beneficiano dello sgravio in quanto previsto da norma già in vigore ma, con riferimento alla disciplina dei licenziamenti, tali assunzioni rimarranno sottoposte alla previgente formulazione di cui all’art. 18 S.L. in quanto, il cd contratto a tutele crescenti, non è ancora ufficialmente in vigore.